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(Foto: pixabay.com/CC)

Le Autorità Regionali di Protezione (ARP) si muovono in una zona franca in cui tutto può accadere, senza conseguenze per presidenti, membri e parti terze.

Da una parte la Camera di protezione, ovvero l’organo di controllo delle ARP, sembra ampiamente insufficiente ad esercitare il proprio compito, dall’altra parte la politica fa spallucce, abbandonando centinaia di ticinesi al proprio destino.

Due recenti casi dimostrano la pochezza delle ARP e dell’assetto che dovrebbe supervisionarne l’operato.

Due casi diversamente squallidi: (qui un approfondimento): una famiglia affidataria del Mendrisiotto ha fatto penare una bambina, umiliandola e maltrattandola in modi orrendi.

Nessuno ha messo in discussione l’ARP che ha deciso per l’affidamento della piccola, evidentemente non svolgendo neppure i controlli post-affido.

L’altro caso, non meno odioso, riguarda il decesso di un anziano sotto curatela. Gli eredi non riescono a sapere come l’ARP 3 di Lugano ha gestito tale curatela né, tanto meno, riescono ad entrare in possesso di tutta la documentazione di cui hanno diritto, così come sancito dal Codice civile svizzero che, di fatto e come è logico che sia, disciplina la fine di una curatela quando si verifica la morte di chi vi è sottoposto.

In un caso l’ARP non ha fatto il proprio dovere, nel secondo caso si rifiuta di rispettare le leggi che è chiamata a osservare e fare rispettare.

Un altro approfondimento è disponibile qui.

Anche a fronte di tutto ciò le autorità preposte (giuridiche e civili) non affrontano la questione, entrambe venendo meno ai rispettivi compiti.

Per questo motivo è necessario che il popolo ticinese pretenda una legge per la responsabilità civile delle persone che lavorano per l’apparato tutorio.

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