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(Foto: pixabay.com/CC)

Chiunque ha avuto a che fare con le ARP trova almeno un motivo per discuterne l’operato. E questo deve fare riflettere.

La manfrina che scrivono le ARP a praticamente tutti coloro che si lamentano è sempre la solita e sempre riassumibile così “il signor X si sente perseguitato dalle istituzioni, convinto che tutti agiscano contro di lui”. Una motivazione tanto stupida da rasentare la volgarità.

Il motivo vero per cui le ARP vanno perseguite, citando a giudizio il Cantone e i 16 comuni che le ospitano è uno e uno solo: si chiama “convinzione limitante“.

La convinzione limitante si raggiunge quando una persone si persuade dell’inutilità di ciò che fa. Una gabbia psicologica che crea una realtà alternativa e blocca qualsiasi tentativo di cambiamento, influenzando forse in modo irreversibile la vita delle persone.

Chi si trova a contestare una decisione delle ARP sa che l’ARP stessa farà spallucce (arrivando persino a irridere i cittadini, perché ormai le istituzioni non conoscono i limiti della decenza), sa che ricorrere alla Camera di protezione rischia di essere una perdita di tempo e denaro. Sa che a qualsiasi specialista o persona o politico si rivolgerà non otterrà nulla. Il vuoto assoluto.

Questa situazione irretisce e porta gli individui a svuotarsi di ogni voglia di lottare per i propri principi, per esercitare il proprio diritto genitoriale, per mantenere saldo il principio di dignità che le ARP ledono in modo pressoché sistematico.

Come al solito da questo blog chiediamo a Norman Gobbi, che si ostina a sostenere di non potere fare nulla, perché lo Stato annichilisce gli individui che invece deve per sua natura, se non proteggere, rendere liberi.

 

 

 

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