Prima di entrare in merito, è utile sapere a chi devono – anzi dovrebbero – rispondere le ARP.
L’ARP è un’autorità amministrativa, sottoposta al dipartimento degli Interni Divisione della Giustizia; il delegato comunale, invece, dovrebbe rispondere al comune di appartenenza del curatelato.
Dal profilo giuridico, invece, sottostanno alla Camera di Protezione del Tribunale d’Appello.
Appena si riceve una risoluzione è importante capire cosa viene deciso.
NON bisogna lasciarsi ingannare dal “titolo” e da quanto esposto nelle sezioni “In fatto” ed “In diritto” poiché può capitare che si trovino delle incongruenze, motivazioni unilaterali senza riscontri oggettivi, affermazioni che non c’entrano nulla, tanto per gettare fumo negli occhi, ma in realtà fa stato quello che viene deciso dall’ARP nella sezione “Decide”.
Proponiamo un caso concreto: in una risoluzione l’ARP dal titolo “istituzione di una curatela ad hoc ex art. 403 CC”, si prosegue con tanti bla bla bla e alla fine nella decisione vi è scritto: “istituzione di una curatela di rappresentanza ex art. 394 CC”.
Cosa vuol dire in pratica?
Vuol dire che sto parlando di burro ma alla fine decido che è ferro. Da qui si nota la disonestà dell’ARP e, non ditemi che si tratta di un semplice errore di battitura, è una furbata per indurre ad accettare la decisione strampalata.
Quindi bisogna certamente leggere bene tutto quando, non lasciarsi incantare dalle amenità e dal fumo degli occhi e badare bene a quanto viene deciso col dispositivo. Se non si è sicuri, potete chiedere a chi conosce la materia o ad un avvocato.
Un ulteriore elemento da valutare è il tipo di risoluzione poiché, alla fine di ognuna, l’ARP scrive che è possibile ricorrere presso la Camera di Protezione.
Anche in ciò, purtroppo, si nota l’onestà delle ARP giacché non tutte sono impugnabili.
In pratica lo sono solo quelle “sul merito” poiché un’ “Incidentale” non è impugnabile mentre una “Supercautelare” è impugnabile solo in casi eccezionali e ben motivati.
È pure noto che le ARP usino spesso e volentieri classificare, ingiustificatamente, le loro decisioni come Incidentali o Supercautelari, il tutto per limitare la possibilità di impugnarle.
Riportiamo ancora un caso concreto: l’ARP ordina una perizia circa l’idoneità al matrimonio di un curatelato con una Supercautelare.
Le risoluzioni possono essere impugnate solo facendo reclamo alla Camera di Protezione del Tribunale d’Appello, presieduta dal giudice unico Franco Lardelli, che spesso e volentieri protegge le ARP e non i cittadini.
La Camera di Protezione, prima ancora di entrare in materia, invia una fattura come anticipo delle tasse di giustizia, che tu abbia o meno ragione e, se non la paghi entro il termine stabilito, il tuo ricorso diventa carta straccia.
Già di per se un giudice unico, e di parte, a decidere su situazioni delicate come sono quelle trattate dalle ARP non è normale in nessuno Stato di diritto tanto meno nella civile Svizzera.
La parzialità di Lardelli è emersa in più occasioni, tanto per citare il caso concreto di cui sopra:
Lardelli arriva alla conclusione errata che curatelato era presso tale istituto dalla nascita fino ai giorni nostri, deduzione visti i fatti, le prove e i documenti, del tutto inventata.
Dopo diverse simili elucubrazioni mentali e, citando sempre la curatela ad hoc, giunge a decidere che la risoluzione in questione, che invece costituisce una curatela di rappresentanza, è giusta. Viene da chiedersi se Lardelli conosca la differenza fra le due curatele.
Ecco il livello di parzialità e competenza di chi dovrebbe sorvegliare che le ARP agiscano nel giusto.
Appare quindi palese che impugnare una risoluzione presso la Camera di Protezione (delle ARP?) è solo un atto formale per passare al livello successivo, il Tribunale Federale, al quale non tutti hanno la possibilità economica di appellarsi.
Concludendo: le ARP sono un’autorità che nessuno controlla, in primis poiché amministrativamente gli interventi non sempre sono chiari da definirne la competenza essendo due, gli enti coinvolti, cantone e comuni, e dal lato giuridico sorvegliate dalla Camera di protezione in mano ad un giudice unico, parziale, che proviene dal penale quindi inadeguato alla particolare delicatezza delle situazioni trattate poiché non si parla, sovente, di delinquenti ma bambini, anziani e disabili.