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(Foto: pixabay.com/CC)

Parliamo di KEBS? Parliamo anche di ARP in Ticino e di come mi stanno torturando psicologicamente da ben tre lunghissimi anni.

Scrivo questa lettera a tutto il popolo ticinese, sicurissima di non essere l’unica persona che vive o che ha vissuto questo genere di soprusi nel nostro Cantone. Ho una figlia di 13 anni, nata da una relazione precedente terminata nel 2006. Il padre di mia figlia non si è mai interessato a lei.

Quando è finita la nostra relazione, lo stesso ha iniziato a vederla sempre meno (benché io non abbia mai messo vincoli) fino a quando è andato all’estero a rifarsi una vita e anche a commettere reati che ha pagato con la galera. Premetto che quando era in relazione con me, era un “ragazzo normale” con un lavoro “normale” e la fedina penale pulita.

In questi anni il mio ex ha vissuto in due continenti e nonostante tutti i miei tentativi di riavvicinamento (come ad esempio vacanze pagate alla nuova famiglia di lui, soldi inviati per i nuovi figli di lui che versavano in difficolta economica ecc) non si è mai dimostrato costante e responsabile nei confronti di nostra figlia.

È stato deciso dall’ARP che mi dovesse passare soli 167 franchi mensili di mantenimento, eppure non ha mai versato nemmeno questa cifra ridicola.

Ora venendo ai tempi recenti:

– Al suo rientro in Svizzera ho provato di nuovo a fare “l’assistente sociale”, permettendogli di vedere nostra figlia molto liberamente e senza mai avanzare pretese economiche; nonostante lo stesso potesse tranquillamente pagare quella cifra irrisoria, dato che di Leasing per l’auto pagava il triplo, ma pur di evitare discussioni su come poche decine di franchi ho evitato di soffermarmi sul tema (benché fosse un diritto di mia figlia…).

Il padre ha fatto tutto quel che ha giurato di non fare mai più, rendendosi completamente irresponsabile nei confronti di nostra figlia, irresponsabile a tal punto che non ci fossero più i presupposti per continuare con un diritto di visita, a mio malincuore (nei confronti di mia figlia che desideravo avesse un buon rapporto sano con il suo papà biologico).

Da allora è bastata una lettera denigratoria nei miei confronti (nell’autunno del 2014), perché siano quasi tre anni, che va avanti una corrispondenza senza fine con l’ARP; che da prima ha cercato di costringermi a vedere questa persona nella stessa stanza/udienza -pur sapendo che temevo per la mia vita personale e per quella del mio ultimo nato, che allatto e che dunque è sempre con me- a giusta ragione, in quanto mi è stata puntata una pistola carica alla testa da parte del mio ex.

Ho dovuto insistere all’inverosimile, con l’appoggio di una rete solida che mi sostiene al 100% (curatrice educativa atta a vigilare su un ipotetico diritto di visita, assistente sociale a cui mi sono rivolta, ecc) solo perché l’ARP stessa non mettesse in pericolo la mia vita e quella di un neonato, assurdo vero?

L’ARP che dovrebbe tutelare i minori invece insiste per mettere una donna e un neonato in una stanza, con un uomo che le ha già puntato una pistola alla testa?

Si in Ticino succede anche questo!

In seguito è iniziato un susseguirsi infinito di lettere con l’ARP, che dall’ottobre 2016 ad ora continua a dare proroghe su proroghe perché questo uomo risponda, senza alcun esito. Ho dimostrato le mie capacità genitoriali, offrendo di mia spontanea iniziativa all’ARP, la possibilità di contattare docenti scolastici, pediatra, direttore ecc.

Inoltre sono sposata e ho una famiglia con mio marito e nessuno ha mai avuto il benché dubbio su di noi.

Eppure non vengo lasciata in pace da tutto questo tempo interminabile e mi sento vittima di un sistema che vuole a tutti costi che un padre disinteressato al massimo, con seri precedenti penali, che non ha mai pagato un centesimo e che dulcis in fundo lascerà la Svizzera con sua moglie nelle prossime settimane, possa avere tutta questa libertà di tenermi legata a questa vicenda così pesante da gestire.

Si perché si tratta di tortura quando si vive per tre anni una situazione che non ha senso, nata da menzogne e calunnie dalla parte di un padre che non ha mai voluto comportarsi come tale.

Si sente spesso di donne che non vogliono far vedere i propri figli al padre, questo non è decisamente il caso, io ho sempre lottato per il contrario:

Ho dovuto a malincuore arrendermi all’evidenza che non fosse possibile continuare a cercare un legame, questo nuoceva a mia figlia e le conseguenze me le sono dovute “sbrogliare” io da sola come genitore di riferimento.

Chiedo ad altre persone, se anche voi avete vissuto o state vivendo dei casi simili, in cui l’ipotesi di reato si possa supporre che sia la denegata giustizia, ossia l’incapacità di prendere decisioni da parte dell’ARP in un tempo ritenuto ragionevole, di contattare il Mattino così da richiedere un’interrogazione parlamentare in merito e di far chiarezza sulle prassi dell’ARP.

Per me, tre anni di vita passati ad arrabbiarmi, non sono un tempo ragionevole.

Vi chiedo di intervenire e propongo una raccolta firme per fare chiarezza in merito ai tempi del tutto fuori luogo dell’ARP, soprattutto laddove non ci sono assolutamente gli estremi per immaginare che si possa riprendere un diritto di visita nemmeno minimo, con un uomo che sta per lasciare la Svizzera e che è in una situazione di totale instabilità familiare.

Sono stanca, aiutatemi.

Lettera Firmata

Articolo da Mattinonline del 25.04.2017

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