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A marzo del 2013 i ticinesi hanno affossato il referendum lanciato dai Comuni contro la professionalizzazione dei presidenti delle Autorità Regionali di Protezione. Il Consiglio di Stato ha redatto una bozza di applicazione con l’intenzione di renderla effettiva a partire dal primo luglio del 2013 (ovvero quasi 6 anni e qualche centinaio di casi tratti male fa). Norman Gobbi, con sprezzo per la democrazia,  per preparare la bozza del regolamento ha dato voce soltanto ai Comuni che ospitano una ARP. In altre parole ha dato peso solo a chi ha indetto il referendum, perdendolo. In altre parole ancora: Gobbi ha dato retta a chi ha perso. Ancora oggi ci si chiede a cosa sia servito lo strumento democratico del referendum, che il ministro ha scelto di ridicolizzare.

A seguire la data del 31 maggio 2018, ultima utile per la decadenza organizzativa delle ARP, nel quadro del più ampio progetto “Giustizia 2018”. Oggi la notizia del doppio insulto ai cittadini ticinesi: il Consiglio di Stato ha scelto di posticipare tale termine. Non stupisce: la riorganizzazione delle ARP richiede tempo, persone, risorse e capacità. Negli ultimi mesi non si è letta una sola notizia relativa a lavori in corso, a mea culpa dell’Esecutivo (e soprattutto del dipartimento diretto da Gobbi), nulla di nulla.

Ora, come se niente fosse e se come centinaia di ticinesi contassero meno di zero, il Consiglio di Stato si trincera dietro a una sequela di scuse di bassa risma (persino imbarazzanti) per rimandare a data da destinarsi la riorganizzazione di quel disastro in cui nessun politico (giudice e magistrato) osa mettere le mani.

La scusa partorita dal Consiglio di Stato per sedare gli animi dei cittadini meno scolarizzati è questa: occorre tempo per unificare gli strumenti informatici a disposizione delle Autorità Regionali di Protezione. Devono essere dotate di un software che viene distribuito tra le autorità giudicanti cantonali a partire dal 2013, un lavoro che – pure senza avere svolto un’analisi diretta – possiamo stimare richieda 10-15 giorni uomo.

La scusa per la parte pensante della popolazione, quella, ancora il Consiglio di Stato non l’ha trovata.

Qui invece potete vedere un’intervista rilasciata da Gobbi lo scorso 7 aprile (quindi 3 giorni fa), durante la quale viene data voce anche al giudice Lardelli, della Camera di Protezione, ovvero l’istituzione che dovrebbe sovraintendere alle attività delle ARP. Ognuno tragga le proprie conclusioni. La conclusione di StopARP è questa: orribile scaricabarile.

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