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(Foto: pixabay.com/CC)

Ticinonline ha dedicato spazio alla mamma della bimba maltrattata, brutta vicenda che ha portato alla sbarra i genitori affidatari, il curatore e l’assistente sociale.

I maltrattamenti, lo ricordiamo, si sono consumati tra il 2010 e il 2012 (3 anni senza che qualcuno si accorgesse) e il giudice ha inflitto 22 mesi alla madre affidataria, 18 mesi al padre affidatario (ora ex marito della donna), 16 mesi al curatore e 13 mesi all’assistente sociale. Tutte pene che si avvantaggiano della condizionale, quindi sospese. Curatore e assistente sociale hanno opposto ricorso alla condanna inflittagli in primo grado. E già questa informazione è rivelatrice.

Qui potete leggere l’intervista firmata da Davide Illarietti, mentre qui potete leggere alcune considerazioni fatte da StopARP.

Né la giustizia né la politica (tanto meno i media) hanno però contribuito a trovare risposte ad alcune domande, che avevamo già formulato lo scorso aprile, e che riproponiamo qui:

Che ruolo ha giocato l’ARP che ha deciso per l’affidamento? L’ufficio delle Famiglie di Bellinzona quanto è coinvolto? Quali decisioni ha assunto o avvallato?

L’intervista fa emergere delle lacune pesanti che le autorità preposte non stanno affrontando. Da una parte curatore e assistente sociale, opponendosi alla sentenza di primo grado, hanno dimostrato che nessuno (neppure un giudice) ha il potere di fermare lo scempio compiuto dall’apparato statale. Chi lavora per la “rete” presume di muoversi in una zona franca, in cui nessuno può intervenire, una zona dove incompetenza, poca voglia di fare, incapacità professionali e umane non possono e non devono essere toccate. A questi signori nessuno può dire nulla e questa situazione mostruosa è stata creata dall’inettitudine politica che si sussegue sugli scranni di Bellinzona.

Dall’altra parte la “rete” ha lasciato nelle mani di una donna inadatta (la madre affidataria) una bambina con trascorsi già complessi. Al netto di tutto questo, che meriterebbe corposi approfondimenti, c’è da chiedersi quanto lo Stato non stia violando i più basilari diritti umani, nel permettere che assistenti sociali, curatori, ARP e uffici e personale di sostegno si intromettano in modo così pesante e invasivo nelle vite dei cittadini.

Ci chiediamo inoltre per quale motivo la bimba non ha potuto crescere con i suoi genitori biologici, ci chiediamo quali decisioni amministrative siano state prese dal Cantone e dalle autorità competenti, ci chiediamo quando tutto questo avrà fine.

Già ad aprile ci siamo chiesti se, ognuno per le proprie competenze, i ministri Paolo Beltraminelli e Norman Gobbi intendessero tacere o volessero comunicare ai ticinesi cosa non ha funzionato. Inutile sottolineare che hanno scelto la via del silenzio.

StopARP non fa politica né intende farne. Ma, a beneficio dei lettori, occorre chiedersi quanto sia affidabile un uomo che ha il potere di fare chiarezza e non prova nessuna empatia neppure davanti alla storia tragica di una bambina.

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