Le Autorità Regionali di Protezione (ARP) non funzionano. Lo dice anche l’ente deputato alla supervisione del loro operato, la Camera di protezione del Tribunale d’appello, presieduta dal giudice Franco Lardelli. La riforma proposta dalle autorità cantonali è da ritenere un passo avanti ma, laddove l’uomo diventa centrale, un passo avanti non è sufficiente.
I punti essenziali
I documenti resi pubblici dalla divisione della Giustizia (sottoposta al dipartimento delle Istituzioni) iniziano con un riferimento ai Punti essenziali della riforma in cui si parla delle norme (peraltro in vigore dal 2013), delle 90 persone che faranno parte della nuova rete per la protezione del cittadino e dei 13,4 milioni di franchi necessari ad attuare la riforma.
Nessun riferimento ai costi delle decisioni sbagliate, nell’ordine delle decina di centinaia, assunte dalle ARP in decenni di disastri. I cittadini hanno il diritto di sapere, prima di ogni altra cosa:
- come intende lo Stato risarcire chi ha subito torti
- i risarcimenti saranno pagati con denaro pubblico o chi ha sbagliato provvederà di tasca propria?
L’assenza di (altre garanzie)
Non c’è alcun riferimento alle 90 (90!) persone che daranno vita al nuovo assetto tutorio. Va scongiurato in ogni modo che tra queste figurino i medesimi (o parte dei medesimi) individui che hanno compiuto disastri fino a oggi. Se gli stessi figuri fossero messi nuovamente al servizio del cittadino, ogni riforma sarebbe vana e vanificata dal loro operato insufficiente e svilente per il cittadino. Va ricordato che la nostra Associazione è confrontata quotidianamente con episodi di scherno, mortificazioni gratuite, incoerenza decisionale e torti perpetrati dietro minaccia. Perché queste sono le ARP e i casi trattati con rigore e imparzialità sono eccezioni rarissime, laddove invece occorre pretendere che siano la normalità.
La difficoltà gestionale delle ARP non è soltanto di caratura umana, si tratta di istituzioni raffazzonate persino dal lato amministrativo, come ricostruisce una relazione Ernst & Young che, peraltro, ci lascia al quanto perplessi: o la divisione della Giustizia non ha reso pubblica l’intera relazione, oppure il lavoro dell’azienda di revisione è stato un compitino che avrebbe potuto svolgere un qualsiasi cittadino dotato di buon senso e di poche competenze contabili. Tant’è, alla pochezza siamo nostro malgrado abituati.
Gli altri documenti (al lettore giudicarne la qualità, considerando che le ARP trattano di persone e di vite umane) sono consultabili qui.
La posizione dell’Associazione StopARP
Riconosciamo allo stato la volontà di fare meglio. Quanto è stato pensato, però, non basta: per questo motivo StopARP invierà delle considerazioni alla divisione della Giustizia e, coinvolgendo anche il lettore che può inviare suggerimenti all’indirizzo info@stoparp.org, copia di quanto inviato alle autorità verrà pubblicata su questo blog, insieme a eventuali risposte.